Il fido bancario è uno strumento di credito sempre più utilizzato da privati e imprese per ottenere una maggiore disponibilità finanziaria in tempi rapidi. Tuttavia, può capitare che la banca decida di revocare il fido, spesso con pochissimo preavviso. Questa situazione può generare serie difficoltà economiche per il correntista, che si trova a dover rimborsare in tempi brevi quanto già speso. In alcuni casi, questa revoca può risultare non legittima, soprattutto quando sono applicati interessi superiori a quelli previsti dalla legge o in presenza di pratiche di anatocismo. In questo articolo, vedremo cos’è la revoca del fido bancario, quali sono le condizioni per considerarla legittima e come difendersi dalle pratiche scorrette degli istituti di credito.
Cos’è il Fido Bancario?
Il fido bancario è un’opzione di credito che le banche offrono ai propri correntisti, permettendo loro di disporre di una somma di denaro in eccedenza rispetto al saldo del conto corrente. Questo strumento, utilizzato da privati e aziende per far fronte a esigenze di liquidità, consente di andare “in rosso” e di ripagare l’importo utilizzato in rate periodiche. Il fido può essere a tempo determinato o indeterminato, e spesso sostituisce il prestito personale per chi necessita di maggiore flessibilità.
Revoca fido bancario
Il fido prevede quindi che il cliente possa avere una disponibilità in denaro da spendere, pertanto andare anche in rosso sul conto, per poi rientrare delle somme utilizzate pagando a rate quanto dovuto.
Il fido bancario è sempre più utilizzato anche al posto del prestito personale, ed è usato sia da persone fisiche che da imprese che si trovano ad avere bisogno di maggiore liquidità per qualsiasi esigenza.
Il fido può essere stabilito che sia a tempo determinato o indeterminato.
Nel secondo caso, cioè quello fido bancario a tempo indeterminato, la banca può decidere di revocarlo e di solito questo avviene con un solo giorno di preavviso, senza dare neppure il tempo al cliente di rendersene conto. Nel caso in cui il contratto per il fido viene revocato prima della scadenza pattuita, la banca può chiuderlo con un preavviso di 15 giorni contestuale alla richiesta del rientro delle somme con un’ingiunzione di pagamento e con i relativi interessi, che possono essere molto pesanti, in base anche alla somma accumulata che deve essere restituita.
Può accadere però che la revoca del fido bancario non sia legittima e che gli interessi applicati superino quelle soglie definite dalla legge, oltre le quali si configura il reato di usura bancaria.
La revoca del fido bancario, anche in base a diverse e recenti sentenze della Corte di Cassazione, può definirsi non legittima quando si configura una decisione che appare “arbitraria” e “imprevedibile”.
Definire un comportamento arbitrario e imprevedibile della banca significa basarsi sul rapporto che ha sempre legato il titolare del conto corrente con l’istituto bancario.
Se la banca, in ultima istanza, ha avuto un comportamento sempre nella normalità dei rapporti commerciali e se il correntista ha rispettato il contratto con puntualità nei pagamenti del piano di ammortamento, si può anche intraprendere un’azione legale.
La banca infatti, con la pretesa del rientro delle somme, magari anche molto alte, in un lasso di tempo cosi breve mette in serie difficoltà il correntista. Oltretutto molto spesso non sono neppure chiare le ragioni di un tale recesso dal contratto e quindi revoca del fido.
Nei casi in cui sono stati provati i criteri di arbitrarietà e imprevedibilità da parte della banca, i correntisti, persone fisiche, giuridiche o società, hanno ottenuto equi risarcimenti.
Il danno arrecato al cliente della banca, quando questo è per esempio una società o un’azienda, potrebbe essere ancora più imponente. Infatti, nel momento in cui la banca revoca il fido si crea una sorta di “effetto domino” con tutti gli altri istituti bancari con i quali i titolari di conto corrente hanno stipulato un fido o una linea di credito, che verrebbero revocati allo stesso modo.
In tal modo il titolare correntista finisce per occupare una posizione negativa, con sofferenze e impossibilità a rientrare dei crediti, quindi non più “affidabile” per ottenere fidi, prestiti, mutui e altri strumenti di credito.
La perizia econometrica
La perizia econometrica è una procedura che si può adottare quando il correntista non solo è vittima di revoca del fido bancario, ma si vede addebitata una somma relativa agli interessi che è elevata
I calcoli per sapere se effettivamente la banca ha applicato tassi di interesse da usura o se è possibile che si configuri il reato di anatocismo, sono molto articolati.
L’anatocismo è un reato che consiste nell’applicazione da parte della banca, che calcola il pagamento degli interessi sugli interessi. E’ noto infatti che gli istituti bancari calcolano gli interessi con cadenza trimestrale e non annuale.
La perizia econometrica deve essere redatta e controfirmata da un professionista abilitato, quale può essere un commercialista o un tributarista, che elabora tutti i calcoli necessari per verificare tassi bancari usuranti.
La perizia econometrica può essere intentata sia da un privato cittadino che da una società o azienda, ed è comunque sempre preceduta da un’analisi preliminare per saggiarne i presupposti e la reale fattibilità di un’azione legale.
Nella perizia econometrica sono elencati tutti i particolari con le somme da recuperare e anche il motivo per cui gli stessi importi devono essere restituiti al titolare del conto corrente e del fido. Il cliente dunque saprà in anticipo di quale somma potrà rientrare, se si è riscontata usura o anatocismo.
Il mandato che viene conferito a un professionista del settore non si configura come un obbligo per il correntista di intraprendere un’azione legale nei confronti della banca, ma può soddisfare eventuali legittimi dubbi su una condotta scorretta ed estremamente dannosa.
Il documento della perizia econometrica può quindi essere valevole come un atto da registrare in caso di processo contro l’istituto bancario e stabilire anche la somma che dovrà essere restituita, fatte salve le eventuali richieste aggiuntive del pubblico ministero.
La perizia econometrica può anche essere utile in questi casi in cui l’insolvenza del correntista per le somme che non riesce a restituire, possa portare a pignoramenti, esecuzione di ingiunzioni e simili. Gli stessi provvedimenti potranno essere bloccati.
Tale documento può essere richiesto ai professionisti abilitati e quindi presentato nella citazione della banca in giudizio, anche quando il conto corrente è stato ormai chiuso.
Questa regola vale solo nel caso in cui non siano ancora trascorsi 10 anni dalla chiusura stessa. Se invece fosse il contrario, l’azione non potrebbe essere intentata in quanto sarebbe ormai in prescrizione.
Come rientrare della rata del fido bancario
Il fido bancario viene di solito concesso a chi dimostra di avere un certo movimento sul proprio conto corrente. Entrate e uscite abbastanza frequenti, l’accredito dello stipendio o della pensione, i movimenti che frequentemente fa un’azienda o una società sono indici comunque di fluidità monetaria per i titolari.
La banca, fatti i dovuti controlli sulla storia creditizia di chi richiede il fido bancario e accertato il fatto che è “un buon pagatore“, decide di concederlo.
A fronte di questa concessione si stabilisce un piano di ammortamento con rate a cadenza mensile, trimestrale, o anche annuale (dipende dalla somma), ma se il pagamento, anche di una sola rata, salta per pochi giorni di ritardo, vengono applicati interessi molto alti. Più è alta la rata, più alti saranno le somme corrispondenti agli interessi applicati, che si aggiungono all’importo da pagare.
Con la seconda rata non pagata scattano già gli interessi sugli interessi, che fanno parte del “nuovo” importo della rata che è aumentata. E’ un circolo vizioso che deve essere in tutti i modi spezzato, perché si cade in un gorgo dal quale diventa davvero difficile riemergere.
Non bisogna fare l’errore di utilizzare un fido bancario a tempo indeterminato o comunque per periodi molto lunghi
Inoltre, sia che si tratti di imprese che di privati cittadini, è bene tenere presente che il fido non deve mai superare la cifra che si guadagna in un mese.
Sono regole molto semplici da rispettare, ma difficili da attuare quando incombono spese impreviste sempre più pressanti e che devono essere affrontate.
In ultima analisi, se è stato mancato più di un pagamento della rata di un fido bancario, l’unico modo per rientrare è verificare se la banca ha applicato tassi da usura.
In effetti, nella maggior parte dei casi, non è difficile cogliere in fallo gli istituti bancari, come dimostrano anche le molte cause intentate e vinte dai correntisti e il recente richiamo con le sentenze della Corte di Cassazione, che ha evidenziato un vizio di forma nel calcolo degli interessi e degli importi che aumentano di mese in mese.
Non è detto che realmente per ogni fido che viene revocato o per rate non pagate ci si possa “salvare” sperando nel reato di usura o anatocismo, ma è bene fare una verifica come precedentemente suggerito (guarda il paragrafo: “Perizia econometrica” più in alto).
Cos’è il piano di rientro del fido bancario e come si fa
La firma del contratto per l’ottenimento del fido si configura di per se come l’accettazione di un debito e questo comporta che si debba stipulare un vincolo, che lega il correntista alla banca fino alla completa estinzione del fido, se questo è a tempo determinato.
Il piano di rientro del fido nel caso in cui non siano state pagate alcune rate, deve essere presentato secondo un prospetto consono alla propria posizione, tenendo conto del rapporto con la banca, di eventuali altre linee di credito con altri istituti bancari che potrebbero fare da “cuscinetto” nel caso di periodi di poca liquidità e anche della disponibilità reale.
Tutto va messo debitamente per iscritto e nulla deve essere lasciato al caso. L’importo delle rate di rientro deve essere puntualmente argomentato, chiarendo tutti i motivi che possono determinare una tale decisione. Bisogna riflettere anche sulla validità del piano di rientro che si ha intenzione di proporre, perché deve avere i requisiti per essere accettato, pena la condizione di sofferenza del contraente, o peggio la segnalazione presso la Banca d’Italia come “soggetto in default”, con un rating inapplicabile.
Di solito però è la banca a proporre un piano di rientro del fido, che deve essere attentamente vagliato, chiedendo improrogabilmente la consulenza di un commercia lista che analizzi bene tutte le clausole, le condizioni e la pressione debitoria a cui il cliente va incontro. E’ pur vero che un soggetto a cui viene proposto un piano di rientro potrebbe non poter rifiutare, ma è legittimo invece proporre un proprio piano di rientro e battere sul tempo quello che presenterà la banca. La banca in questa fase è tenuta a rispettare delle regole, cosa che accade purtroppo di rado.
Il piano di rientro che viene proposto al cliente non può in alcun modo essere affiancato alla richiesta di garanzie, di qualsiasi tipo, compresi assegni post datati, fideiussioni o effetti (cambiali). Non è neppure lecito pressare con telefonate e/o lettere minacciose il cliente che deve decidere in libertà sul piano di rientro proposto.
Le banche non possono assumere questo atteggiamento, sia dal punto di vista etico che da quello umano, che purtroppo poco viene considerato in questi frangenti.
Anche la firma “dell’accettazione del debito” non è obbligatoria, in quanto si vincola in modo molto pericoloso il cliente che si sente letteralmente “in gabbia”.
Anche se il riconoscimento del debito è legale da parte della banca, può anche essere contestato, ove si configurano le condizioni.
Per tale motivo quando si tratta di proporre o accettare un piano di rientro del fido bancario è sempre bene farsi seguire, oltre che da un esperto commercialista, anche da un avvocato specializzato in questioni tributarie.
L’aspetto psicologico e la paura di perdere quanto posseduto giocano un ruolo molto importante e molte volte potrebbero offuscare la capacità di giudizio, per la quale è meglio farsi affiancare da chi può mantenere una certa freddezza e distacco dalla situazione contingente.
In riferimento ai comportamenti scorretti assunti dalle banche è intervenuta anche la Banca d’Italia, a fronte dell’aumento della revoca dei fidi bancari che hanno messo in ginocchio gran parte delle imprese italiane e privati cittadini. L’invito è proprio quello di sostenere le imprese, in particolare quelle piccole e medie che sono il tessuto sul quale i basa tutto il comparto produttivo del paese e quindi dell’intera economia nazionale.
Quando tuttavia non si trova ascolto da parte del direttore della filiale dove il fido è stato acceso, bisogna rivolgersi alla sede centrale e inviare comunicazioni con la propria situazione spiegata chiaramente, anche a firma di un professionista, avvocato o commercialista, in modo da poter stabilire un dialogo più sereno.
Come bloccare il pignoramento di un fido bancario
Esistono diversi modi per bloccare un pignoramento a fronte di un fido bancario revocato.
Come già accennato si può chiamare in causa la Banca per usura, dopo aver accertato che c’è una possibilità del genere e quindi avere la vittoria sicura.
Il meccanismo che scatta in caso di vittoria contro la banca è la restituzione degli interessi, che vanno in compensazione dei mancati pagamenti e, in taluni casi, riportano la situazione in pari.
In conseguenza di ciò un bene, mobile o immobile, o nel caso particolare il fido, deve essere liberato dal pignoramento ed eventualmente anche dalla messa all’asta se per esempio il pignoramento scatta sulla casa. Se c’è una procedura esecutiva questa può essere sospesa per quasi un anno (300 giorni), in attesa di decidere cosa fare.
Si può anche fare la conversione del pignoramento fermando la vendita all’asta dei beni pignorati prima che sia decisa la data. In tal caso è necessario versare il cosiddetto “deposito immediato” pari al 20% del valore e il resto si può pagare a rate in 18 mesi.
In tal modo il debito viene pagato comunque anche se non sarà del tutto estinto, però il pignoramento è bloccato in quanto sostituito dai pagamenti stessi.